Brano: Ordine Nuovo, L‘
Testata de « L'Ordine Nuovo » settimanale (n. 16 del 2.10.1920)
cesi Romain Rolland ed Henri Barbusse (v.), alla cui rivista « Clarté » gli ordinovisti si sentirono particolarmente vicini, agli americani Max Eastman e John Reed, osservatori attenti del processo rivoluzionario in Russia, che in quegli anni erano venuti visitando; da Lenin, Zinoviev, Trotzskij, Rykov, Bucharin, Lunacarskij, Radek, che aggiornavano i lettori sui problemi della costruzione del socialismo, allo « spartachista » Paui Levi.
La sconfitta seguita all’occupazione delle fabbriche approfondì, rendendolo insanabile, il contrasto con le compone[...]
[...] Rykov, Bucharin, Lunacarskij, Radek, che aggiornavano i lettori sui problemi della costruzione del socialismo, allo « spartachista » Paui Levi.
La sconfitta seguita all’occupazione delle fabbriche approfondì, rendendolo insanabile, il contrasto con le componenti moderate e « unitarie » del P.S.I., che gli ordinovisti, insieme con gli astensionisti di Amadeo Bordiga (v.), accusavano di frenare la volontà « rivoluzionaria » delle masse.
« L’Ordine Nuovo » quotidiano
Alla fine del 1920 il dirigente socialista Giacinto Menotti Serrati, in dissenso con la Terza Internazionale (v.) a causa delle 21 condizioni da essa poste alTingresso del P.S.I. nelle proprie file, colse l’occasione di un articolo di Gramsci apparso sull’« Avanti! » per sconfessare l'edizione torinese di questo quotidiano che, dalla fine della guerra, grazie aH’iniziativa di Ottavio Pastore, aveva dato prova di inconsueta combattività e di eterodossia nei confronti delle altre due edizioni di Milano e Roma. Nel dicembre
1920, poco dopo la nascita ufficiale della « frazione[...]
[...]cita ufficiale della « frazione comunista » al convegno di Imola, la testata torinese del quotidianosocialista, che
gli ordinovisti avevano usato come tribuna di propaganda e organo di discussione, venne soppressa dalla Direzione del partito. Appartenendo tuttavia le attrezzature tipografiche e redazionali all’organizzazione torinese, fu ritenuto opportuno,
in una delicata fase di trapasso e di preparazione della scissione, trasformare l’« Ordine Nuovo » settimanale in quotidiano, chiamando i lavoratori a sostenere l’onere finanziario della conversione.
Iniziò pertanto a uscire, l’1.1.1921, l’« Ordine Nuovo » quale « quotidino comunista », diretto da Gramsci. Redattore capo ne era Togliatti, capo cronista Leonetti; tra gli altri redattori, Andrea Viglongo, Felice Platone, Giuseppe Amoretti, Angelo Pastore, Un mese più tardi, maturata al Congresso socialista di Livorno (v,) la scissione del P.S.I., il giornale divenne « quotidiano del Partito comunista », per assumere, nell’ottobre 1921, il definitivo sottotitolo di « organo del Partito comunista d’Italia »,
Ma ora la responsabilità della stampa di partito (comprendente, oltre alI’« Ordine Nuovo », Il Comunista di Roma e II Lavoratore di Tries[...]
[...]po cronista Leonetti; tra gli altri redattori, Andrea Viglongo, Felice Platone, Giuseppe Amoretti, Angelo Pastore, Un mese più tardi, maturata al Congresso socialista di Livorno (v,) la scissione del P.S.I., il giornale divenne « quotidiano del Partito comunista », per assumere, nell’ottobre 1921, il definitivo sottotitolo di « organo del Partito comunista d’Italia »,
Ma ora la responsabilità della stampa di partito (comprendente, oltre alI’« Ordine Nuovo », Il Comunista di Roma e II Lavoratore di Trieste) spettava direttamente all’Esecutivo del P.C.d’I. che, dell’originario nucleo ordinovista, aveva accolto solo Terracini, accanto a Bordiga e ai suoi seguaci come Bruno Fortichiari, Ruggero Grieco e Luigi Repossi. Pur nell’isolamento che costò a Gramsci la fondazione del nuovo partito, malgrado il clima di guerra civile scatenato dal fascismo, nonostante le schermaglie tattiche intestine e l’intensificata attività organizzativa, il quotidiano da lui diretto, ribadendo nei fatti la continuità rispetto al settimanale, seppe essere « un giornale [...]
[...]ppe essere « un giornale di pensiero, singolarissimo in Italia, conscio dell’importanza dei problemi nazionali, preoccupato di fondare una coscienza politica nuova e di ascoltare le esigenze culturali del mondo moderno ». Sono, queste, parole di Piero Gobetti (v.) che, insieme con altri intellettuali « democratici », Gramsci aveva chiamato a collaborare e al quale consentirà di allestire per la stampa, mai avvenuta peraltro, una antologia dell’« Ordine Nuovo » settimanale. Certamente l’egemonia dell’indirizzo bordighiano nel partito ostacolava la marcia, e la rinuncia di Gramsci a contrastarlo apertamente non giovò alla vivacità del giornale. Nel maggio ^922, inoltre, l’« Ordine Nuovo » dovette privarsi del contributo insostituibile del suo direttore, inviato a Mosca come rappresentante del Partito comunista italiano neH’Esecutivo dell’Internazionale. Sopravvisse come potè fino all’ottobre, allorché, dopo la marcia su Roma, fu sospeso d autorità insieme con gli altri due quotidiani comunisti. Una perquisizio
ne della polizia costò, in quella circostanza, un rinvio a giudizio per il redattore capo Leonetti, per i redattori Umberto Calosso e Angelo Pastore, per il disegnatore Pietro Ciuffo (il famoso « Cip ») e l’amministratore Gennaro Gramsci. Nonostante l’avvenuta soppr[...]
[...]rcostanza, un rinvio a giudizio per il redattore capo Leonetti, per i redattori Umberto Calosso e Angelo Pastore, per il disegnatore Pietro Ciuffo (il famoso « Cip ») e l’amministratore Gennaro Gramsci. Nonostante l’avvenuta soppressione ufficiale, il gruppo che dirigeva il giornale riuscì a continuarne irregolarmente e clandestinamente la pubblicazione e la diffusione per poco più di un mese, adottando rudimentali procedimenti di stampa.
« L'Ordine Nuovo » quindicinale
Ai primi del 1923 un’ondata di arresti (tra gli altri, quelli di Bordiga e di Grieco) scosse e decimò il gruppo dirigente del partito; due interi esecutivi finirono poi in carcere tra il giugno e il settembre. Ne venne che, per ricomporre le fila dell’organizzazione, Gramsci fu incaricato di trasferirsi da Mosca a Vienna, città nella quale avrebbe potuto seguire più da vicino le vicende italiane. Da un paio di mesi egli veniva pensando alla fondazione di un nuovo quotidiano, il cui titolo avrebbe dovuto richiamare esplicitamente l’urgenza della riunificazione tra Nord e Sud,[...]
[...]liane. Da un paio di mesi egli veniva pensando alla fondazione di un nuovo quotidiano, il cui titolo avrebbe dovuto richiamare esplicitamente l’urgenza della riunificazione tra Nord e Sud, oltre che la necessità di una strategia di alleanze con forze non comuniste, disposte ad accogliere la parola d’ordine del « governo operaio e contadino ». Il primo numero de l'Unità (v.) uscì il 14.2.1924. Trascorsi quindici giorni, fece la sua ricomparsa l’« Ordine Nuovo », ora presentato come « Rassegna di politica e cultura operaia ». Si trattava di una terza serie, questa volta quindicinale, voluta da Gramsci per riprendere (in una temperie quanto mai mutata) l’impegno di scavo critico e di « battaglia delle idee » che era stato peculiare, quattro anni prima, del settimanale. Dedicato a commemorare Lenin da poco scomparso, il primo fascicolo del quindicinale, apparso a Roma sotto la responsabilità di Ruggero Grieco, fu composto quasi interamente a Vienna da Gramsci che vi premise una presentazione.
«L’Ordine Nuovo riprende sue pubblicazioni nello stesso[...]
[...], questa volta quindicinale, voluta da Gramsci per riprendere (in una temperie quanto mai mutata) l’impegno di scavo critico e di « battaglia delle idee » che era stato peculiare, quattro anni prima, del settimanale. Dedicato a commemorare Lenin da poco scomparso, il primo fascicolo del quindicinale, apparso a Roma sotto la responsabilità di Ruggero Grieco, fu composto quasi interamente a Vienna da Gramsci che vi premise una presentazione.
«L’Ordine Nuovo riprende sue pubblicazioni nello stesso formato e con gli stessi intendimenti con cui iniziò a stamparsi a Torino il 1° maggio 1919.
La sua attività di settimanale negli anni '1920 e di quotidiano negli anni '2122 non è stata senza lasciare tracce nella storia della classe operaia italiana e specialmente nel proletariato torinese ».
Si trattava pertanto, nuovamente, di ripercorrere le vie dell’educazione